Per questa ultima tappa avevo delle aspettative altissime. Koh Samui, è una meta ambita da tutti i turisti, e non per niente l’avevo tenuta per ultima.
Già atterrati all’aeroporto si riuscivano a respirare le atmosfere tropicali con le capannine qua e là, cercatelo su Google amici, e vedrete queste bellissime strutture fru fru. Chissà adesso , lo immagino tutto transennato per il Covid. BRRRR no, non roviniamoci l’atmosfera vacanziera anche qui.
Niente comunque, una volta atterrati e consegnati impacchettati all’hotel, non vedevamo l’ora di tuffarci in mare. Invece, dato che io, come sempre avevo guardato al risparmio eravamo partiti da Bangkok con il volo delle 6 del mattino, per atterrare alle 7. Alle 10 varcavamo la soglia della hall pronti a conquistare la nostra stanza e la spiaggia intera, quando la tipa della reception (che decisamente non era più lo Shangri La del primo viaggio!) , ci guardò con quel magnifico sorriso che solo i Thailandesi sanno rivolgerti, dicendoci “ ma noi fino alle 2 di questo pomeriggio non possiamo darvi la camera”.
Sbam. Una bella sportellata in faccia. Noi, che ci eravamo svegliati alle due e mezza per prendere quel maledetto aereo, avevamo fame, sonno e voglia di fare una beata fava.
Con la coda fra le gambe, abbiamo lasciato i nostri bagagli all’hotel, e vestiti da Norvegesi (vi ricordate la questione aria condizionata no? Ecco, sugli aerei dovete moltiplicare la sensazione di gelo per mille!), ci siamo svaccati nel primo barettino che abbiamo trovato all’uscita.
Era il bar di un signore italiano! Che carino, ci ha preparato una super colazione con cappuccino, brioches, e spremuta che ci ha rigenerato e alla fine, se non per il fatto che stavamo facendo la sauna, e puzzavamo come i rinoceronti il tempo è abbastanza volato.
Il nostro albergo si trovava proprio su Chaweng Beach, che è un pò la spiaggia principale di Koh Samui.

Senza saperlo (come spesso, anzi spessissimo ci accade in viaggio, causa mia sbadataggine durante la pianificazione) , eravamo arrivati sull’isola proprio poco dopo il Capodanno Cinese.
Ormai mi ero fissata nella mente lo standard di Koh Samet, e quando sono arrivata in questa spiaggia piena di gente, dove venivano svolte tutte le più classiche attività turistiche mi sono demoralizzata. Figuriamoci poi quando mi sono resa conto della mole di sporcizia lasciata OVUNQUE, proprio durante i festeggiamenti del capodanno.
Questa Koh Samui non mi stava convincendo tantissimo.
Mi ricordo che l’albergo si affacciava sulla parte nord della spiaggia, dove a qualche centinaio di metri, si era creata una sorta di barriera corallina, che nonostante mi rassicurasse dal punto di vista Tsunami (si scusate, io sono una tragedista ormai lo sapete) , faceva sembrare l’acqua melmosa e calda come un brodo di pollo.
Questa è stata la prima impressione di Koh Samui. Poi negli anni è cambiata. L’impressione, non l’isola, dico.
Il primo giorno io e Vik, l’abbiamo passato in piscina (vi ricorda qualcosa???) a scattare foto. E voi direte, ma si , si saranno fatti due selfies deficienti a bordo piscina forse. No, no. Consci del fatto che avremmo finito il viaggio in una delle isole più famose della Thailandia, tra i potenti mezzi tecnologici messi in valigia per questo viaggio, sicuramente spiccava la macchinetta usa e getta subacquea Kodak.
Con la convinzione che mi sarei destreggiata in acqua facendo snorkelling con la stessa leggerezza di Ariel, senza aver mai fatto una prova, ero certa che avrei fotografato ogni sorta di fauna e flora marina. Invece, abbiamo usato tutta la macchina subacquea in piscina per farci foto come i bambini. Poi tornata in Italia le sviluppate ste foto. Che M** clamorosa. Complimenti ai due cretini dell’anno davvero. Ce ne fosse una, dico una almeno dove uno dei due si vede per intero. Almeno quello. No, niente.

Va beh.
Il giorno dopo, visto che ancora mi rifiutavo di entrare a mollo in quel brodo caldo, abbiamo affittato un kayak per fare il giro della baia. Questo si che è stato rivelatorio. Cioè nonostante io facessi una remata sì e 1200 no, perchè ho la stessa potenza nelle braccia di un bradipo, è stato molto fico.
Siamo arrivati al limite con la barriera corallina, e lì l’acqua diventava cristallina e il fondale sabbioso . Così, presa da un impeto di coraggio o forse, spinta dal colpo di calore imminente, con la grazia di una salsiccia, mi sono gettata rotolando in mare. Contando che ero rossa come un’aragosta dopo essere stata due ore sul kayak esposta al sole, non so esattamente se la temperatura del mare lì fosse più accettabile, o se fosse solo una mia impressione.
Poi, perchè giustamente a noi piace ricordarci di non godere troppo dei momenti di beatitudine, abbiamo fatto una bella passeggiatina scalzi, sull’isolotto lasciato scoperto dalla bassa marea del tramonto. Ecco. Quel bel isolotto che si vedeva dalla spiaggia. Pieno di mangrovie e DI CORALLI TAGLIENTI COME RASOI.

All’epoca ero ancora in quella fase della relazione dove, quando ti seghi un dito, o ti ustioni con la fiamma ossidrica e lui ti chiede “oddio, ti sei fatta male?” , sfoderando il miglior sorriso e premendo sul taglio per non fare l’ennesimo sequel di “Fiumi di porpora” , si suol rispondere con un : “no no, è solo un graffio, tranquillo!”.
Ecco, penso di aver poi visto un branco di squali far fuori un gruppo di troglioditi più in là, da quanto sangue ho lasciato in acqua. Ma questo è niente rispetto all’esperienza che vi racconterò la prossima puntata. Davvero.
To be continued…
5 commenti su “Brodo di Pollo”
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